Un normale Super Eroe
Commento al film "Spiderman 2" 

di Fulvio Napoli -  26/09/2004 23.07.06

 



ROMA - (26 Settembre, h.20.07) 

Chi di noi non ha mai desiderato raggiungere l’ufficio lanciandosi tra i grattacieli, proiettando funi di ragnatela tra un cornicione ed un traliccio evitando, in questo modo, gli ingorghi e gli autobus affollati?  E chi di noi non è costretto ad affrontare, ogni momento, la tragica scelta: corro a salvare l’umanità o mi guadagno lo stipendio? Peter Parker sostiene con coraggio la sua difficile posizione ogni giorno, ovviamente salva l’umanità ma questo non gli evita l’incomodo di consegnare pizze a domicilio, documentare un party mondano o completare a fatica il corso di laurea. E’ dura affrontare i dettagli del vivere quotidiano quando il destino del mondo dipende da noi.
Nella pellicola di Sam Raimi, abilmente condotta senza cadute di gusto o debordanti spettacolarizzazioni, si affronta con estrema onestà la condizione di un uomo potenzialmente utile al progresso sociale e civile del pianeta, peraltro dotato di superpoteri, alle prese con le incertezze legate alla propria affermazione sociale, professionale e sentimentale. Allora l’uomo ragno fa una scelta, certamente la più eroica e difficile delle scelte, e questa, miracolosamente, si rivela catalizzatrice di eventi propizi anche sul piano personale: riconquista la stima perduta a causa delle contraddizioni necessarie a celare il suo segreto, l’amore dell’eterna fidanzata, il riconoscimento sociale del proprio ruolo di eroe.
In questo epilogo il film si discosta dal fumetto di Stan Lee e probabilmente anche dalla realtà: cosa c’è di eroico se la scelta più difficile si rivela priva di conseguenze? E’ realistico pensare che si possa compiere un atto salvifico indolore e, oltretutto, gratificante? Con queste premesse è arduo ipotizzare un parallelo con il nostro vissuto reale. Chi finisce in televisione: il missionario comboniano o l’affarista del no-profit? Il fine politico o il pacifista a buon mercato? Il paladino del diritto o la folla manovrata? Se c’è un appunto da muovere alla sceneggiatura, per altri versi ineccepibile, è proprio questo. Possiamo anche credere alla facoltà di fermare con le mani la metropolitana impazzita a pochi metri dal fine-corsa sulle rive dell’Hudson, o attutire la caduta libera di una zia ottantenne dal 65° piano dell’Empire State Building, ma è lecito nutrire seri dubbi riguardo la possibilità di conciliare i propri sentimenti più onesti o l’attuazione tangibile della propria integrità morale con la sopravvivenza in una realtà inceppata come la nostra, dove lo sforzo di crearsi una necessità è pari solo alla difficoltà di soddisfarla, dove si cerca un ruolo per accomodarvisi comodamente e per sempre, dove si assiste indifferenti, o peggio solidali, alla celebrazione del rassicurante pensiero collettivo. E’ lecito pensare che dinanzi alla leziosa cialtroneria delle Notti Bianche veltroniane anche Spiderman si arrenderebbe impotente.