Chi di noi non
ha mai desiderato raggiungere l’ufficio
lanciandosi tra i grattacieli, proiettando funi di ragnatela tra un
cornicione
ed un traliccio evitando, in questo modo, gli ingorghi e gli autobus
affollati?
E chi di noi non è costretto ad affrontare, ogni momento, la tragica scelta: corro a salvare
l’umanità o mi
guadagno lo stipendio? Peter
Parker sostiene con coraggio la sua difficile
posizione ogni giorno, ovviamente salva l’umanità ma questo non
gli evita
l’incomodo di consegnare pizze a domicilio, documentare un party
mondano o
completare a fatica il corso di laurea. E’ dura affrontare i dettagli
del vivere quotidiano quando il destino del mondo dipende da noi.
Nella pellicola di Sam
Raimi, abilmente condotta senza cadute di gusto o debordanti
spettacolarizzazioni,
si affronta con estrema onestà la condizione di un uomo
potenzialmente utile al
progresso sociale e civile del pianeta, peraltro dotato di superpoteri,
alle
prese con le incertezze legate alla propria affermazione sociale,
professionale
e sentimentale. Allora l’uomo ragno fa una scelta, certamente la
più eroica e
difficile delle scelte, e questa, miracolosamente, si rivela
catalizzatrice di
eventi propizi anche sul piano personale: riconquista la stima perduta
a causa
delle contraddizioni necessarie a celare il suo segreto,
l’amore
dell’eterna fidanzata, il riconoscimento sociale del proprio ruolo di
eroe.
In
questo epilogo il film si discosta dal fumetto di Stan Lee e
probabilmente
anche dalla realtà: cosa c’è di eroico se la scelta
più difficile si rivela
priva di conseguenze? E’ realistico pensare che si possa compiere un
atto
salvifico indolore e, oltretutto, gratificante? Con queste premesse è arduo ipotizzare un parallelo
con il nostro
vissuto reale. Chi finisce in televisione: il missionario comboniano o
l’affarista
del no-profit? Il fine politico o il pacifista a buon mercato? Il
paladino del
diritto o la folla manovrata? Se c’è un appunto da muovere alla
sceneggiatura,
per altri versi ineccepibile, è proprio questo. Possiamo anche
credere alla
facoltà di fermare con le mani la metropolitana impazzita a
pochi metri
dal fine-corsa sulle rive dell’Hudson, o attutire la caduta libera di
una zia
ottantenne dal 65° piano dell’Empire State Building, ma è lecito nutrire seri dubbi riguardo la possibilità di conciliare i propri sentimenti
più onesti o
l’attuazione tangibile della propria integrità morale con la
sopravvivenza in
una realtà inceppata come la nostra, dove lo sforzo di crearsi
una necessità è
pari solo alla difficoltà di soddisfarla, dove si cerca un ruolo
per
accomodarvisi comodamente e per sempre, dove si assiste indifferenti, o
peggio
solidali, alla celebrazione del rassicurante pensiero collettivo. E’ lecito
pensare
che dinanzi alla leziosa cialtroneria delle Notti Bianche veltroniane anche Spiderman si arrenderebbe impotente.