Ozpetek paga il conto
Commento al film "Cuore Sacro" 

di Fulvio Napoli -  28/02/2005 19.11.04

 



ROMA - (28 Febbraio, h.19.11) 

Fumoso antipasto di Hammam al vapore, Minestra kashèr, Polpettone di Fate e alla fine il conto da pagare: così, un giorno, tra via Cavour e il Campidoglio, su un piattino in silver plate, vide la luce Cuore Sacro.
 
Nel nostro strano paese è difficile occuparsi della settima arte evitando un periodico  tributo a chi ti ha sostenuto, promosso, sopravvalutato e poi premiato. Moretti docet. Ecco quindi il primo film di Ozpetec contro Berlusconi, lo aspettavamo tutti e ora siamo piu’ tranquilli. Il noleggio del set si è rivelato un ottimo affare per il sindaco della città eterna: è bastato un colosseo, qualche vigile urbano per bloccare il traffico, due o tre tonnellate di buonismo di risulta,  riciclato con un sofisticato processo di estrazione dai tanti volumi invenduti del mayor, ed il kebab è pronto per ostruire anche gli intestini più allenati.
  
Nel fantastico mondo del mago Oz-petek vigono nuovi comandamenti: non sono i ladri che rubano, ora è prerogativa delle bambine prossime alla canonizzazione; non sono le imprese industriali a mandare avanti l'economia, sono troppo occupate a provocare suicidi collettivi di investitori in rovina e ad imporre false necessità alle popolazioni del terzo mondo; a nulla vale l’altruismo disorganizzato, devi avere il bollino della Caritas o di una cooperativa a tinte arcobaleno; tutto secondo un disinvolto copione che sembra ispirato alla guida turistica di Porto Alegre.
 
In questo contesto la scelta del personaggio meno credibile del film è ardua, ma certamente ha ottime chance la bambina Benny Hood. Muore perché dopo aver derubato una libreria, pratica espletata a giorni alterni, qualcuno si è permesso di correrle dietro invece di comprarle un gelato, e lei è finita sotto un'auto. Con prontezza la buona coscienza del mondo, incarnata dalla poco presente madre, accusa quella cattiva di averla assassinata.  La chiave di lettura è fin troppo semplice: occupate le case, svaligiate i supermercati, siete poveri, ne avete necessità e quindi diritto, chi si oppone è senza cuore. Anche questo è un retaggio Veltroniano: nella capitale questi reati non sono perseguiti né biasimati. Nel quartiere in cui Ozpetek ha girato  Le Fate Ignoranti almeno 5 grossi stabili, di proprietà pubblica, sono occupati abusivamente da anni, tra i più assidui  frequentatori figurano assessori comunali e presidenti di circoscrizione. In città gli appartamenti sottratti ai legittimi proprietari sono migliaia. Al tiburtino si pratica impunemente la spesa proletaria, ma non sono gli affamati a rubare nei supermercati, lo fa solo chi elemosina il loro consenso.
 
Ma il maestro di Istambul sembra non accorgersi che non esistono i nuovi poveri, perché sono l’evoluzione dei precedenti, il tenore di vita nel nostro paese è più alto del passato, per questo motivo accade che i piu' poveri siano persone che hanno un tetto ed anche un televisore  ma che si servono alla mensa della Caritas perché non arrivano a fine mese: questo è un passo avanti se rapportato al tempo in cui non avevano neanche una casa ed un televisore, ma a governi alterni il bicchiere conviene vederlo mezzo vuoto.
 
I baraccati del film esistono, sono i tanti immigrati che ogni giorno raggiungono a migliaia il nostro paese senza alcuna garanzia e che stentano ad inserirsi, è d'obbligo aiutarli ma senza farne uno strumento di lucro e propaganda. Invece la tesi del film - aiutare i poveri dall'interno di un'organizzazione e non da free lance - sembra commissionata dai detentori del business politico-economico del no-profit capitolino.
Cuore Sacro è il manifesto del cattocomunismo nostrano e Ozpetec ben rappresenta la figura di un profeta rivoluzionario con l’investitura di avvalorare una spartizione di interessi come male necessario.
 
Queste sono le intenzioni all'origine di una pellicola che non ha alcun peso, tanto da ricorre alla pista sonora per scuotere gli animi: non avremmo mai riconosciuto i momenti topici senza le percussioni in dolby surround o i vibranti violini new age; e la maestria della protagonista femminile non fa che accrescere la frustrazione di vedere 2700 metri di pellicola proiettare inutili ombre su uno schermo che avremmo preferito rimanesse bianco.

 
Fulvio Napoli


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