La Mala Educacion Et in terra pax
hominibus
bonae voluntatis




Commento al film "La mala educacion" 

di Fulvio Napoli

 

ROMA - (13 Ottobre 2004, h.20.07) 

Il tempo trascorre nel collegio di Padre Berenguer scandito dal sensuale contrappunto vocale della Petite Messe Solennelle di Rossini, una cadenza così innovativa da apparire irriverente. Non deve essere casuale la scelta di accompagnare la sequenza che esibisce con rigore e poesia la liturgia quotidiana celebrata dalla comunità con una gioiosa quanto controversa composizione tra le cui note introduttive, poste come premessa allo spartito, il musicista di Pesaro, ormai anziano, incluse una richiesta di perdono al Signore, assicurandogli premurosamente che l’opera avrebbe costituito il suo ultimo peccato mortale.
La stessa promessa che il direttore del collegio salesiano deve aver tradito numerose volte prima di assumere la dolorosa decisione di tornare allo stato laicale, atto che non impedirà al passato di irrompere, col la sua foga distruttiva, nel benessere solo apparentemente conseguito.

Un passato che vede il sacerdote omosessuale, con una tragica predilezione per i giovanissimi, dirigere un collegio per bambini unitamente ad un vicario ossequioso che ne conosce il dramma interiore e l’utilizza per la propria ascesa. Alle prese con l’eterno confronto tra le manifestazioni istintive della propria condizione umana, buone o cattive che siano, e la morale che ha eletto a guida e riferimento, buona o cattiva che sia. Spettatore impotente del difficile esordio alla vita dei bambini, con l'anima lacerata da un sentimento inaccostabile. Tutto questo irrompe, anni dopo, nella vita di un regista di successo, Enrique, per niente estraneo alle vicenda, che mette in gioco se stesso per rendersi testimone di un dramma che ha visto nascere da bambino.

Questo è ciò che accade ne “La mala educacion” e che il regista spagnolo, abituato alle analisi impietose ed irriverenti dei lati più nascosti dell’animo umano, ci racconta con estrema delicatezza. Ma l’ambientazione è solo un pretesto e la presunta origine del male che percorre la vicenda funge solo potenzialmente da motivazione: la morbosa passione di un insegnante per il proprio allievo è casualmente ricondotta al rapporto tra un sacerdote ed un discepolo. La filmografia di Almodovar trabocca di personaggi dal vissuto violento ed è poco credibile che il regista li consideri tutti vittime di collegi e seminari. Pedro sa bene quanto la buona e la cattiva educazione siano il risultato  di molte componenti, e se le attenzioni del maestro sull’allievo lo porteranno a diventare un transessuale tossicodipendente, nessuna spiegazione viene fornita su cosa trasformerà il fratello minore di Ignazio nel suo assassino, è quindi lecito pensare che questi possa aver condotto gli studi in un moderno istituto statale di ispirazione laica.  Enrique, alter ego del regista, ha condiviso la stessa realtà del collegio e ciò che diverrà in seguito si configura in quanto di più positivo racconti la sceneggiatura.

Si tratta quindi di uno scenario complesso che non merita lo sterile dibattito che ha animato i giornali in queste settimane, le strumentalizzazioni politiche ed ideologiche di ogni colore.
Occorre fare un passo indietro. Come spesso accade nelle produzioni estere, la distribuzione della pellicola ha visto tempificazioni differenti tra i diversi paesi europei. La pellicola è stata distribuita in Spagna all’inizio dell’anno in corso ed ha riscosso un certo consenso, soprattutto ha aperto un acceso dibattito sulla necessità di affermare i principi laici alla guida della nazione, dibattito culminato con l’effettiva introduzione di una legislazione che introduce la condizione di “coppia di fatto” alternativa alla famiglia tradizionale di ispirazione cattolica. E’ sembrato, quindi, che Almodovar avesse prodotto il film giusto al momento giusto, al punto da destare dei sospetti sul tempismo cronometrico di uscita nelle sale. Infatti ambienti legati all’attuale opposizione parlamentare spagnola hanno stigmatizzato La Mala Educacion definendolo un film su commissione e inquadrandolo in un fenomeno più generale che ha portato il governo di sinistra ad enfatizzare i suoi interventi realizzati in ambiti secondari, o sociali, mossi da linee guida progressiste e liberali perché quelli primari, legati principalmente all’economia ed al mondo del lavoro, li conduce in perfetta continuità con il precedente governo di colore opposto perché impedito ad agire in diversamente dato lo stretto legame delle economie nazionali con quella planetaria. Sull’altro versante la Spagna anticlericale ha approfittato del tema per presentare la realtà episodica degli abusi nelle scuole cattoliche come fenomeno generalizzato.

Ma questa è politica e La Mala Educacion è, invece, una sincera espressione poetica dai contenuti trasparenti ed onesti, il suo contributo di riflessione è destinato a chi riesce a cogliere le motivazioni interiori che guidano le azioni dei protagonisti, la lotta senza tregua tra le loro pulsioni contrapposte.
Padre Manolo ama il piccolo Ignazio di un amore vero prima ancora che illecito e ingiustificabile: la sofferenza e la debolezza del carnefice sono pari almeno a quelle della vittima. La sincera fede e la forza interiore del religioso nulla possono contro una pulsione irrefrenabile, un amore così dirompente da non potersi accontentare della vicinanza, del dialogo, dell’affetto, ma che pretende di realizzarsi in un’unione corporea definitiva, una passione che purtroppo ignora quanto sia ingiusta e drammatica oltre che illusoria.
Decenni più tardi, le stesse pulsioni faranno del sacerdote la vittima del fratello di Ignazio, Josè, che lo circuirà intravedendo in lui lo strumento per l’eliminazione fisica del fratello, nella vana illusione semplificatrice di riportare equilibrio nella propria esistenza.
Su tutti si impone Enrique, che cerca la verità per convogliare il dolore stagnante nell’animo dei protagonisti in una storia, e restituire un senso al sacrificio dell’amico d’infanzia. Lo stesso dolore che Josè si illude di sradicare dalla propria famiglia. Ma il destino dei personaggi sembra segnato da subito: come nelle sue opere precedenti Almodovar celebra le ferite insanabili dell’animo corrotto, gli errori si pagano con la morte o con la perdita dell’innocenza in un cammino di passione immodificabile. L’apparente cinismo che lo sguardo impietoso del regista ci impone rappresenta una realtà di cui possiamo prendere solo atto: la necessità di convivere con i nostri drammi, con partecipazione, fino alla morte. Il peso della croce avrà come unico sostegno la volontà di andare avanti per mancanza di alternative.

Non si riceve speranza da questo film, ma piuttosto il sollievo per aver nuovamente imparato che è possibile raccontare l’uomo, senza pietà, accostando in una sola inquadratura l’amore, la morte, la disperazione inconfessabile.


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