Il tempo trascorre nel
collegio di Padre Berenguer scandito dal
sensuale contrappunto vocale della Petite Messe Solennelle di Rossini,
una cadenza così innovativa da apparire irriverente. Non deve essere
casuale la scelta di accompagnare la sequenza che esibisce con rigore e poesia la liturgia quotidiana celebrata dalla comunità con una gioiosa quanto controversa
composizione tra le cui note introduttive, poste come premessa allo
spartito,
il musicista di Pesaro, ormai anziano, incluse una richiesta di perdono al
Signore,
assicurandogli premurosamente che l’opera avrebbe
costituito il suo
ultimo peccato mortale.
La stessa promessa che il direttore del
collegio salesiano
deve aver tradito numerose volte prima di assumere la dolorosa
decisione di
tornare allo stato laicale, atto che non impedirà al passato di
irrompere, col
la sua foga distruttiva, nel benessere solo apparentemente conseguito.
Un passato che vede il sacerdote omosessuale, con una tragica predilezione per i giovanissimi, dirigere un collegio
per bambini unitamente ad un vicario ossequioso che ne conosce il
dramma
interiore e l’utilizza per la propria ascesa. Alle prese con l’eterno
confronto
tra le manifestazioni istintive della propria condizione umana, buone o
cattive
che siano, e la morale che ha eletto a guida e riferimento, buona o
cattiva che
sia. Spettatore impotente del difficile esordio alla vita dei bambini, con l'anima lacerata da un sentimento inaccostabile.
Tutto
questo irrompe, anni dopo, nella vita di un regista di successo,
Enrique, per niente
estraneo alle vicenda, che mette in gioco se stesso per rendersi
testimone di
un dramma che ha visto nascere da bambino.
Questo è ciò che accade ne “La mala educacion” e
che il regista spagnolo, abituato alle analisi impietose ed irriverenti
dei lati
più nascosti dell’animo umano, ci racconta con estrema
delicatezza. Ma
l’ambientazione è solo un pretesto e la presunta origine del
male che percorre
la vicenda funge solo potenzialmente da motivazione: la morbosa
passione di un
insegnante per il proprio allievo è casualmente ricondotta al
rapporto tra un
sacerdote ed un discepolo. La filmografia di Almodovar trabocca di
personaggi
dal vissuto violento ed è poco credibile che il regista li
consideri tutti
vittime di collegi e seminari. Pedro sa bene quanto la buona e la
cattiva
educazione siano il risultato di molte
componenti, e se le attenzioni del maestro sull’allievo lo porteranno a
diventare un transessuale tossicodipendente, nessuna spiegazione viene
fornita
su cosa trasformerà il fratello minore di Ignazio nel suo
assassino, è quindi lecito
pensare che questi possa aver condotto gli studi in un moderno istituto
statale
di ispirazione laica. Enrique, alter
ego del regista, ha condiviso la stessa realtà del collegio e
ciò che diverrà
in seguito si configura in quanto di più positivo racconti la
sceneggiatura.
Si tratta quindi di uno scenario complesso che
non merita lo sterile dibattito che ha animato i giornali in queste
settimane,
le strumentalizzazioni politiche ed ideologiche di ogni colore.
Occorre fare un passo indietro. Come spesso
accade nelle produzioni estere, la distribuzione della pellicola ha
visto tempificazioni
differenti tra i diversi paesi europei. La pellicola è stata
distribuita in
Spagna all’inizio dell’anno in corso ed ha riscosso un certo consenso,
soprattutto ha aperto un acceso dibattito sulla necessità di
affermare i
principi laici alla guida della nazione, dibattito culminato con
l’effettiva
introduzione di una legislazione che introduce la condizione di “coppia
di
fatto” alternativa alla famiglia tradizionale di ispirazione cattolica.
E’
sembrato, quindi, che Almodovar avesse prodotto il film giusto al
momento
giusto, al punto da destare dei sospetti sul tempismo cronometrico di
uscita
nelle sale. Infatti ambienti legati all’attuale opposizione
parlamentare spagnola
hanno stigmatizzato La Mala Educacion definendolo un film su
commissione e
inquadrandolo in un fenomeno più generale che ha portato il
governo di sinistra
ad enfatizzare i suoi interventi realizzati in ambiti secondari, o
sociali,
mossi da linee guida progressiste e liberali perché quelli
primari, legati
principalmente all’economia ed al mondo del lavoro, li conduce in
perfetta
continuità con il precedente governo di colore opposto
perché impedito ad agire
in diversamente dato lo stretto legame delle economie nazionali con
quella planetaria.
Sull’altro versante la Spagna anticlericale ha approfittato del tema
per
presentare la realtà episodica degli abusi nelle scuole
cattoliche come
fenomeno generalizzato.
Ma questa è
politica e La Mala Educacion è,
invece, una sincera espressione poetica dai contenuti trasparenti ed onesti,
il suo contributo di riflessione è destinato a chi riesce a
cogliere le
motivazioni interiori che guidano le azioni dei protagonisti, la lotta
senza
tregua tra le loro pulsioni contrapposte.
Padre Manolo ama il piccolo Ignazio di un amore
vero prima ancora che illecito e ingiustificabile: la sofferenza e la
debolezza
del carnefice sono pari almeno a quelle della vittima. La sincera fede
e la
forza interiore del religioso nulla possono contro una pulsione
irrefrenabile, un
amore così dirompente da non potersi accontentare della
vicinanza, del dialogo,
dell’affetto, ma che pretende di realizzarsi in un’unione corporea
definitiva,
una passione che purtroppo ignora quanto sia ingiusta e drammatica oltre che illusoria.
Decenni più tardi, le stesse pulsioni faranno
del sacerdote la vittima del fratello di Ignazio, Josè, che lo
circuirà
intravedendo in lui lo strumento per l’eliminazione fisica del
fratello, nella
vana illusione semplificatrice di riportare equilibrio nella propria
esistenza.
Su tutti si impone Enrique, che cerca la verità
per convogliare il dolore stagnante nell’animo dei protagonisti in una
storia,
e restituire un senso al sacrificio dell’amico d’infanzia. Lo stesso
dolore che
Josè si illude di sradicare dalla propria famiglia. Ma il
destino dei
personaggi sembra segnato da subito: come nelle sue opere precedenti
Almodovar
celebra le ferite insanabili dell’animo corrotto, gli errori si pagano
con la
morte o con la perdita dell’innocenza in un cammino di passione
immodificabile.
L’apparente cinismo che lo sguardo impietoso del regista ci impone
rappresenta
una realtà di cui possiamo prendere solo atto: la
necessità di convivere con
i nostri drammi, con partecipazione, fino alla morte. Il peso della croce avrà come unico sostegno la volontà di andare avanti per mancanza di alternative.
Non si riceve speranza da questo
film, ma
piuttosto il sollievo per aver nuovamente imparato che
è
possibile raccontare l’uomo, senza pietà, accostando in una sola
inquadratura
l’amore, la morte, la disperazione inconfessabile.