"...il proprio capolavoro personale"
Commento al film Big Fish
(pubblicato su www.papaboys.it)

di Fulvio Napoli -  01/03/2004 17.51.06

 


ROMA - (01 marzo, h.17.51) - Big Fish è un film realmente fuori dal comune, non solo perché attinge a piene mani da una fantasia inconsueta e per sua definizione illimitata, quanto piuttosto per la sua struttura concentrica, in cui tutto torna, e questo avviene nella forma piu' naturale e rispettosa della libera interpretazione di chi lo guarda, con la sua piena partecipazione.
Il protagonista, Edward Bloom, attraverso la lente delle sue narrazioni, è un uomo reso invincibile dalla lealtà del suo amore per la vita e dalla fiducia per il prossimo, non conosce ostacoli perché la consapevolezza di essere al mondo per concludere grandi progetti lo rende eroico. Invece l’Edward narratore in carne ed ossa, ormai vecchio, troppo intento a raccontarsi più che a vivere, finisce per perdere la stima del figlio William che gli si allontana stanco di vivere nella sua ombra. Qualche anno dopo, accade che l’approssimarsi della fine di Edward spingerà William a riavvicinarsi al padre per provare a dare un volto piu’ attendibile alle innumerevoli fantasie che hanno sostituito, nell’ immaginario, la sua figura. Con l’aiuto delle persone a lui più care, si accorgerà che la distanza non esiste, che Edward è ciò che racconta, e che nella nostra dimensione interiore nulla è impossibile dal momento che non esiste il male se affrontato con un sentimento di profonda fiducia nel bene, perché tutto ciò che accade rientra in un disegno, preciso quanto aperto, necessariamente grande anche nelle azioni quotidiane, che non possiamo esimerci dal vivere trattandosi di un sogno destinato a realizzarsi. Sarà necessaria la morte corporale di Edward per far decollare William, trasportare l’anima leggera del padre al fiume da cui hanno avuto origine tutte le storie terrene, ed ora anche la sua. Quindi la realizzazione di ciascuno vede, paradossalmente, se stesso come principale ostacolo al suo compimento, la soluzione è a portata di mano e si realizza facendo ricorso alle proprie forze più limpide e profonde, normalmente restie a rivelarsi ma sempre presenti. A ben vedere, il mondo fantastico di Burton è sotto i nostri occhi ogni giorno, l’apparente monotonia del quotidiano, l'aridità del pensiero comune, i momenti di sfiducia, sono le occasioni che i nostri sogni aspettano per realizzarsi, il nostro terreno di prova: per compiere miracoli quest'epoca non è meno adatta di altre. In definitiva sembra che Tim Burton intenda far propria l’esortazione del Santo Padre a "fare della vita il proprio capolavoro personale" ed ha il merito innegabile di mostrare questa realtà come incontrovertibile, donandoci per alcuni istanti la gioia di esistere, prima che ciascuno di noi riponga con cura, uscito dalla sala, la propria anima nella confortevole custodia delle abitudini.